In 3 sorsi – Era l’11 febbraio del 1979 quando l’imam Ruhollah Khomeini assunse formalmente il potere a Teheran, mettendo fine alla monarchia della dinastia Pahlavi. Da allora, l’Iran ha cambiato totalmente faccia, divenendo una Repubblica islamica.
1. COME SI È ARRIVATI ALLA RIVOLUZIONE DEL ‘79
I primi segnali di una crisi nel Paese si ebbero all’inizio degli anni Sessanta. In questo periodo lo scià Mohammad Reza Pahlavi, sul trono iraniano dal 1941, stava mettendo in atto una serie di riforme di stampo occidentale e filoamericano. Con la cosiddetta “rivoluzione bianca”, avviata nel 1963, Teheran assecondava la politica di Washington di avversione al comunismo emergente in varie parti del globo. L’abbandono di certi principi tradizionali a favore di valori liberali, però, incontrò l’ostilità di larga parte dell’opinione pubblica. In particolare, intellettuali e religiosi furono i principali oppositori alla linea politica dello Scià. Al malcontento si unirono presto studenti, nazionalisti e comunisti, che diedero vita a vere e proprie sollevazioni di piazza a partire dal maggio del 1977. Oltre alle motivazioni prettamente ideologiche legate ai diversi gruppi, contribuirono ad alimentare le manifestazioni i numerosi fatti di corruzione della monarchia e la crisi economica in corso, causata da un piano di riforme governative fallimentari che portarono a un drastico aumento dell’inflazione nel Paese. Fu in questo clima di caos sociale che l’ayatollah Ruhollah Khomeini pose le basi per la Rivoluzione del febbraio del 1979.
Fig. 1 – Giovani pasdaran durante la marcia mattutina, Teheran, settembre 1994
2. UN GOVERNO TEOCRATICO
Dopo un esilio di 15 anni tra Bursa (Turchia), Najaf (Iraq) e Parigi, il 77enne Imam originario della provincia di Khomeyn fece ritorno in Iran il primo febbraio del 1979. Allontanato dal Paese in quanto membro di una congiura ordita ai danni dello Scià nel 1963 (faceva parte di un movimento religioso oltranzista), Khomeini rientrò in patria accolto da centinaia di connazionali esultanti. Mesi prima del suo arrivo si era fatto conoscere dagli iraniani grazie a delle audiocassette mandate dalla Francia, contenenti messaggi di opposizione al Governo corrotto dei Pahlavi. Era così riuscito a intercettare l’insoddisfazione popolare tramite un’oculata opera di propaganda.
Una volta giunto a Teheran, aveva catalizzato la rabbia dei diversi gruppi in protesta per poi indirizzarla all’interno dei suoi binari, quelli della rivoluzione religiosa. Non gli fu difficile instaurare una Repubblica islamica nel Paese: giunto in Iran due settimane dopo la fuga dello Scià in Marocco, Khomeini ebbe gioco facile nell’assumere le redini dello Stato, sfruttando l’azione dell’appena formato organo militare dei pasdaran. Nominatosi capo del Consiglio rivoluzionario, dunque, l’Ayatollah riformò l’assetto istituzionale iraniano, dando origine a due ordini di poteri: uno politico e uno religioso. Khomeini attribuì a quest’ultimo una netta preminenza sul primo, creando – di fatto – un Governo teocratico, avente al suo vertice Khomeini stesso nel ruolo di Guida Suprema.
Fig. 2 – L’ayatollah Ali Khamenei, Teheran, febbraio 2024
3. NELLA MORSA DEL REGIME
A distanza di 45 anni dalla Rivoluzione, l’Iran continua a vivere le conseguenze del dominio della religione sugli apparati statali. Propugnando la dottrina khomeinista del velayat-e faqih, secondo cui la Guida Suprema possiede autorità assoluta tanto in ambito politico quanto in quello religioso, l’ayatollah Alì Khamenei porta avanti, dal giugno del 1989, il progetto del suo predecessore. Ben due generazioni di iraniani sono stati coinvolti in questo processo di indebolimento delle Istituzioni democratiche a favore di imposizioni di ispirazione islamista. In più di un’occasione una parte della popolazione ha cercato di opporsi al giogo della shari’a.
Negli ultimi anni, in particolare, in Iran migliaia di persone hanno manifestato contro le misure di oppressione ordinate dal regime nei confronti delle donne. Ad accendere la miccia è stata la vicenda di Mahsa Amini, la ventiduenne di origini curde deceduta il 16 settembre 2022, mentre si trovava sotto la custodia della polizia morale per “non aver indossato correttamente il velo”. Da quel momento, il Paese è piombato nel caos, con un preoccupante incremento di esecuzioni capitali ai danni dei dissidenti: 314 nel 2021, 576 nel 2022, 823 nel 2023. Dal 1° gennaio di quest’anno, invece, sono già oltre 152 le vittime dello Stato islamico.
Alessandro Dowlatshahi
Immagine di copertina: “Ayatollah Khomeini in Tehran” by teebreuq is licensed under CC BY